lunedì 21 febbraio 2011

La vera sfida per il Paese: la riforma fiscale

Per gentile concessione dell'autore.

di Antonello Cattelan

La pressione fiscale in Italia si trova ad un livello particolarmente elevato e questo viene tradizionalmente attribuito, sia alle straordinarie dimensioni del debito pubblico, che all’economia sommersa.

Secondo i dati Istat 2009, la pressione fiscale italiana è pari al 43,2%. E’ il livello più alto dal 1997, anno in cui la pressione fiscale raggiunge il 43,7% del Pil, il livello più elevato in assoluto. Le stime Mef per il 2010 prevedono un calo di 0,4 punti del Pil e per il 2012-2013 è previsto un ulteriore calo di 0,4 punti fino a raggiungere il livello del 42,4% nel 2013. 
I dati Eurostat 2009 collocano l’Italia al 6° posto dopo la Francia, che però registra una riduzione annuale di 1,2 punti del Pil. L’Italia supera anche la Finlandia che fa registrare un calo di 0,1 punti di Pil. Nel complesso, a livello europeo, la pressione fiscale cala di 0,8 punti di Pil.

Il 43,2% di pressione fiscale 2009 è costituito dal 29,1 di pressione tributaria e dal 14,1 di pressione contributiva. Nel confronto europeo, soprattutto limitatamente ai paesi euro, mostra un eccesso di pressione tributaria che nel 2009 si esprime in un + 4,5 punti di Pil rispetto alla media. Se prendiamo in esame i primi cinque Paesi Europei, l’Italia ha la più alta pressione tributaria (Regno Unito 27,8%, Francia 25,1%, Germania 23,7%, Spagna 18,7%), mentre per pressione contributiva l’Italia è superata da Francia (18,4%) e Germania (17,1%).

In questa situazione, la riforma fiscale rappresenta uno dei passaggi chiave per ridare slancio alla crescita del Paese. Lo ha sottolineato anche il Capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno, anche se per gli addetti al lavoro non è certo una novità.  L’auspicio è che nel prossimo futuro si possano veramente gettare le basi per arrivare ad una riforma fiscale organica e condivisa. Una riforma fiscale che abbia tra i suoi principali obiettivi quello di condurre ad un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente, senza dimenticare la semplificazione del sistema tributario, attraverso una maggiore sistematicità nella produzione normativa, che deve essere indirizzata alla creazione e alla manutenzione di testi unici ed alla minimizzazione degli adempimenti documentali richiesti ai contribuenti.  Naturalmente le grandi riforme, ivi compresa quella fiscale, richiederebbero un clima politico più sereno e in questo periodo, con l’attuale clima politico, non c’è all’orizzonte alcuna riforma fiscale. Siamo in presenza di un puro effetto annuncio, non essendoci a breve le condizioni per quella riflessione approfondita, tecnicamente coerente ed efficace nel lungo periodo necessaria per una riforma ordinamentale. Ritengo che la politica debba essere capace di delegare il lavoro di preparazione; le grandi riforme fiscali, infatti, non nascono nei parlamenti, ma attraverso il lavoro istruttorio affidato a pochi tecnici che hanno la competenza per condurre profonde riflessioni di natura economica e giuridica.

Deve comunque risultare evidente che, per arrivare a riformare il fisco si deve affrontare il problema della riduzione del debito pubblico e della spesa corrente, perché è da qui che dovranno essere recuperate le risorse necessarie per riscrivere il sistema tributario. Occorre evitare di andare avanti a colpi di riforme disorganiche, trasformando il diritto tributario in un vortice impazzito nel quale alla fine nessuno ravvisa più quel senso di equità che renderebbe per il cittadino meno amara l’obbligazione tributaria e meno difficile il rapporto tra contribuente ed Erario. Va garantita la certezza delle regole per rilanciare la fiducia.  E’ un’esigenza che soprattutto noi che svolgiamo attività di assistenza e consulenza in ambito tributario, ci scontriamo ogni giorno con un livello di complessità inutile che determina mille micro-adempimenti e autentiche perdite di tempo.  Serve infine fermezza nella lotta all’evasione, senza dimenticare la giustizia tributaria, evitando di pensare solo alla riscossione dei tributi.  La speranza è che non si continui a fare confusione tra efficienza (che attiene al rapporto tra fisco e contribuente a 360 grafi e in modo bidirezionale) e ferocia (che attiene alla sola efficacia nella riscossione dei tributi). Cosa ci aspettiamo dalla riforma fiscale?.  L’aspettativa è fortissima, ma siamo incatenati ad un livello di spesa e di entrate che ci penalizzano. Su questo la politica promette, promette, ma non riesce a fare nulla. Nella nicchia di bassa crescita si annidano infine rendite di posizione; sicuramente anche le grandi imprese e le grandi banche non sarebbero contente di interventi tesi ad innalzare il tax rate reale, molto più basso rispetto alle piccole e medie imprese.

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