giovedì 13 ottobre 2011

Ritornare al capitalismo per evitare le crisi

Si è svolta a Torino, presso la libreria Dante Alighieri, piazza Carlo Felice, la presentazione dell'ultima fatica di Pascal Salin, economista francese, esponente della scuola austriaca e specialista in scienze delle finanze: "Ritornare al capitalismo per evitare le crisi".
Presenti anche Vincenzino Caramelli, docente di scienza delle finanze all'università di torino, facoltà di giurisprudenza e portavoce del CIDAS (grazie al quale è stato possibile realizzare l'evento) e Carlo Lottieri, filosofo del diritto presso l'università di Siena.

Intervenendo per primo, Salin ha subito voluto chiarire come l'attuale crisi del debito sovrano non sia affatto una conseguenza dell'immoralità del sistema capitalistico, ma il naturale approdo di uno statalismo sempre più forte ed oramai onnipresente. Nello specifico, l'idea che le crisi economiche possano essere risolte attraverso stimoli fittizi basati sulla creazione di moneta ex novo da parte delle autorità monetarie, manipolazioni del tasso di interesse (tassi eccessivamente bassi hanno provocato espansioni insostenibili del credito e malinvestimenti in molti settori economici) che, secondo Salin, altro non è che il "prezzo del tempo" ed intrusioni ossessive della regolazione burocratica nell'attività economica sono alla base degli odierni problemi finanziari e monetari.

L'autore ha poi puntato il dito contro l'atteggiamento salvifico delle banche centrali (Fed in particolare) che eliminano sostanzialmente il rischio di fallimento: ciò ovviamente, porta a fenomeni di "moral hazard" (azzardo morale) che sono all'origine dell'odiato fenomeno meglio conosciuto come "privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite".

Ulteriore enfasi è stata posta da Salin su un fattore spesso ignorato dalla letteratura economica contemporanea: la dissociazione tra governance (scelte aziendali) e proprietà sostanziale. Portando l'esempio degli istituti bancari del XIX e XVIII secolo, l'autore ha sottolineato la differenza sostanziale che intercorre tra questi ultimi e quelli oderni: i proprietari dei primi erano anche coloro che si occupavano delle scelte manageriali ed imprenditoriali, mentre negli istituti bancari contemporanei la proprietà, detenuta da piccoli azionisti, è spesso dissociata dal management (che è costituito da salariati) e questo può provocare fenomeni di rischio eccessivo nelle scelte adottate dai manager, che non hanno responsabilità proprietaria. In generale, la scomparsa della responsabilità e della moralità individuale è una coseguenza del continuo intervento statale nell'economia.

In sostanza non ci troviamo più di fronte ad un sistema capitalistico (da intendersi come "sistema di legittimi diritti di proprietà"), ma ad un sistema pesantemente distorto dall'intervento statale moderno che, attraverso la fiscalità, spesso punisce l'accumulo di capitale, distorcendo la struttura produttiva.

Per Salin, gli Stati e le loro politiche keynesiane sono i responsabili principali di questa crisi, essi non possono farsi promotori di stabilità finanziaria e monetaria.

La presentazione ha poi visto l'intervento di Carlo Lottieri, che si è soffermato sul concetto di "lotta di classe" nelle socialdemocrazie moderne: essa non è più uno scontro marxiano, tra detentori dei mezzi di produzione e non, ma tra produttori laboriosi e parassiti burocratici, che tendono a vivere dei frutti dei primi. Questo sistema ("crony capitalism") è la causa della crisi morale in cui siamo immersi ed è necessario reagire ad essa sviluppando una teoria della giustizia liberale coerente, che si sganci dalle logiche coercitive statali e dia preminenza alla volontarietà dei rapporti sociali, attraverso un superamento del concetto stesso di "sovranità".

Salin ha quindi chiuso la presentazione con una nota sul futuro: sconfiggere l'interventismo, nelle socialdemocrazie moderne, non è facile. Tuttavia è necessario che gli errori intellettuali, che provocano catastrofi reali, siano evidenziati e resi pubblici, col fine di tornare, seguendo la direttrice impartita dai maestri della Scuola Austriaca (Mises ed Hayek in particolare), all'unico sistema possibile, moralmente ineccepible e del tutto pacifico: il capitalismo.

Luigi

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